Si terrà all’interno della Prima Convention di Futuro e Libertà il primo incontro con tutti gli eletti di FLI negli Enti Locali.
Appuntamento per tutti sabato 6 Novembre, ore 12, a Umbria Fiere, la struttura che ospiterà la Convention di FLI. Insieme a tutti voi avrò il piacere di immaginare il ruolo degli eletti negli Enti locali all’interno del nuovo partito, le priorità da affrontare, la struttura e la rete che necessariamente dovremo creare.
Ma soprattutto tutti insieme immagineremo le battaglia fondamentali che Futuro e Libertà dovrà affrontare negli Enti Locali, dove il politico è maggiormente vicino al cittadino, al territorio.

A Perugia dovremo assumerci, dinanzi all’Italia, le nostre responsabilità


di Carmelo Briguglio (dal sito di Generazione Italia)

Faccio una premessa: se siamo usciti dal Pdl e abbiamo deciso di dare vita a Futuro e Libertà è perchè ci siamo lasciati dietro le spalle, personalmente senza remore e senza rancore, un “partito personale” dove solo discutere o criticare era considerato un atto di lesa maestà. Il fermo-immagine di Fini col dito puntato su un Berlusconi in posa padronale nella direzione Pdl del 22 aprile scorso, è eloquente e vale più di cento discorsi. E ancor più vale il dossieraggio al quale Gianfranco Fini è riuscito politicamente a sopravvivere. Giorni nei quali, sia detto con franchezza, da parte di alcuni amici filogovernativi tout court, sarebbe stato giusto aspettarsi qualche parola in più. Sotto i colpi e le intimidazioni dei giornali presidenziali, ho visto più di una volta il coraggio e la dignità sopraffatti da piccoli e grandi timori e opportunismi. Per questo, la nuova area politica, culturale e di opinione che a Perugia nascerà intorno a Fini, non può non avere nel suo dna un principio fondamentale che è quello della discussione libera, aperta, leale. Senza finzioni, senza personalismi e nel rispetto di tutti e di tutte le posizioni. Ciascuno sia libero, al vertice e alla base, di dire la sua e lo faccia con la reciprocità di chi sa di possedere non una verità, ma come ci insegna Nietzsche una interpretazione, solo una interpretazione da confrontare con quella degli altri. Poi una classe dirigente, come anche il nostro popolo, devono sapere costruire con il leader una sintesi politica e una decisione unitaria. Motivo per il quale considero un errore politico, ancor più che un deficit di gentlemen agreement tra noi, quando si spara a zero contro un’opinione e chi la esprime, fosse pure una tesi estrema o un paradosso, come ama fare il nostro Fabio Granata, che talvolta può avere ragione, talvolta no come capita a tutti, ma che non dice mai nulla di banale o di non meritevole di un confronto. Adesso dico la mia sull’oggi : noi non abbiamo alcuna spina da staccare, perchè la spina se l’ è staccata Berlusconi da solo. E lo ha fatto in questi mesi con alcuni gesti politici. Il primo: espellendo Fini e i finiani dal Pdl il premier ha mutato natura e composizione del partito di maggioranza che aveva vinto le elezioni del 2008, quando tutte le liste del Pdl in tutta Italia vennero guidate come capilista da Berlusconi e da Fini. Il secondo: Berlusconi ha tentato di cambiare la maggioranza che aveva vinto le elezioni tentando inutilmente (emblematica la disastrosa cena a casa Vespa) di sostituire Fini con Casini, del cui partito è riuscito ad acquisire solo un pezzetto, l’attuale partitino di Cuffaro , Romano e Mannino, eletti nell’opposizione ora passati in maggioranza. Terzo, gravissimo. Ha provato a licenziare Fini da presidente della Camera, rompendo così il patto di governance politico-istituzionale, premier-presidente della Camera, che era il fondamento e la proiezione dell’accordo politico su cui era fondata la vittoria elettorale di due anni fa. Questo il processo politico scatenato dal presidente del Consiglio che ci ha portato a un epilogo , quello che stiamo vivendo. E che dobbiamo sapere leggere. A un mese dalla fiducia che abbiamo rinnovato all’esecutivo, non c’è stato alcun miglioramento dell’azione di governo che anzi è paralizzata, come ha dovuto constatare la stessa presidente di Confindustria. E il caso Ruby, a mio parere, è il segno che noi, noi di Futuro e Libertà, non possiamo più stare in questo esecutivo e nemmeno con questo presidente del Consiglio, inadatto a svolgere funzioni di governo e responsabile della crescente perdita di prestigio dell’Italia nel mondo. E allora che fare? Innanzitutto bisogna uscire dal governo. Il tempo è scaduto e non possiamo condividere la responsabilità politica del governo Berlusconi-Tremonti-Bossi, con il quale abbiamo poco da condividere. E dobbiamo separare il nostro destino da quello di un premier che non ha più nè il sostegno nè la stima del mondo dell’economia, nè della Chiesa cattolica, nè delle cancellerie europee e occidentali, nè del blocco sociale che lo ha sostenuto in questi anni. Sono convinto che Berlusconi abbia perso anche il consenso politico e personale della maggioranza del popolo italiano. Che fare dopo, lo dovremo decidere tutti insieme a Perugia in questo week end. Non sarà l’ennesima passerella, ma una vera e grande agorà, un’assemblea politica in cui ciascuno – e saremo tanti – potrà dire la sua e indicare a questa nostra comunità nascente il senso di marcia. Dovremo chiederci quanto valgono ancora i vincoli del patto con gli elettori che stiamo osservando noi e non Berlusconi. E ancora se ha un senso fare i donatori di sangue nei confronti di un capo del governo che è diventato motivo di disagio e di imbarazzo per tutto il Paese. Nella nostra convention tutti noi dovremo assumerci, dinanzi all’Italia, le nostre responsabilità. E Fini dovrà assumersi la sua che non è solo quella di guidare Futuro e Libertà a un traguardo politico, ma di trovare la via per guidare l’Italia verso l’uscita dal berlusconismo, verso una grande stagione di cambiamento.

Bagno di folla per Fini a Roma


di Potito Salatto (eurodeputato e coordinatore romano di Generazione Italia)

La manifestazione era fissata per le 10 ma già mezz’ora prima dell’inizio abbiamo dovuto aprire altre sale dell’Adriano perché quella principale, la più grande, non bastava a contenere la folla arrivata per assistere all’incontro tra Gianfranco Fini, i circoli di Generazione Italia e gli amministratori di Fli del Lazio e di Roma. Solo posti in piedi insomma e una calca esterna al cinema che non riusciva a entrare. Ecco i frutti copiosi di una complessa e ben coordinata organizzazione, a cui hanno contribuito attivamente anche gli onorevoli Claudio Barbaro e Aldo Di Biagio. E dire che era domenica mattina, che di mezzo c’era un ponte e che il tempo era tutt’altro che clemente. Ma si sa, l’entusiasmo della capitale non bada a questi dettagli.
Viste le premesse, è chiaro che si è trattato di un successo. Per la risposta della gente, tirando le somme saremo stati più di duemila, ma anche per la sfilza di nomi di rilievo che sedevano nelle prime file. Tra i presenti c’erano infatti il consigliere regionale Rocco Pascucci dell’Mpa e gli onorevoli Luca Barbareschi, Giuseppe Consolo, Candido De Angelis, Donato Lamorte, Chiara Moroni, Flavia Perina e Cosimo Proietti.
Sul palco, oltre a me, si sono avvicendati Antonio Buonfiglio, coordinatore di Generazione Italia nel Lazio, Italo Bocchino, capogruppo di Fli a Montecitorio e Adolfo Urso, coordinatore nazionale del comitato promotore di Fli. Poi, dopo l’inno nazionale, ha parlato Gianfranco Fini ricordando le tre priorità che sono le fondamenta di questo nuovo movimento. L’idea di nazione, innanzitutto, ma senza un ancoraggio eccessivo al passato, bensì con l’ambizione di guardare avanti. La legalità, contro le logiche imperanti dell’impunità e dell’immunità. Terzo, il lavoro perché in grado di produrre quella ricchezza reale che è la precondizione della giustizia sociale.
La forza di questi appuntamenti sono i temi che vengono messi sul tappeto, la capacità di parlare al Paese reale dopo averne ascoltato attentamente le richieste. Il movimento che sta nascendo è un bellissimo esempio di democrazia interna, che ha la tendenza a includere anziché escludere, a coinvolgere tutte le forze sociali, siano essi giovani o associazioni, sindacati o singoli. Basta con la sudditanza a cui siamo stati abituati nel passato recente, la parola d’ordine è partecipazione, con alcune semplici regole: la meritocrazia, che premi la coerenza e la professionalità di organi eletti dalla base; la spinta decisa verso una riforma della legge elettorale, perché i candidati alle prossime consultazioni siano scelti e non subiti.
A Roma e nel Lazio in particolare, perché a quella platea abbiamo parlato, nel tempo sono sorti molti dubbi sulla gestione della Regione e del Comune. Mi riferisco alle deleghe ancora non conferite agli assessori, a un piano sanitario non preventivamente condiviso dagli operatori del settore e dagli amministratori locali e a una spartizione delle nomine tra le famiglie, quella stessa parentopolicrazia che ha soffocato tutto il Paese. Per questo sosterremo Alemanno e Polverini, a patto che ascoltino i suggerimenti e le critiche che gli muoveremo. Se non prenderanno atto di questa nostra nuova realtà, dovremo agire di conseguenza.
L’appuntamento al cinema Adriano ha dimostrato, zittendo anche i detrattori, che abbiamo una base di consenso davvero nutrita e vogliosa di dare un contributo attivo a questo nuovo percorso. Con il massimo impegno possibile perché, come diceva De Coubertin: «Nella vita è importante non tanto conquistare ma lottare bene». E stiamo lottando bene. E lotteremo meglio per conquistare ciò che Fini e noi tutti meritiamo.

Dopo l’Adriano e Perugia, apriamo una nuova stagione


dal sito di Generazione Italia

Lo straordinario discorso di Gianfranco Fini all’Adriano ha aperto di fatto, alla vigilia dell’appuntamento di Perugia, una nuova e impegnativa fase nella giovane vita del nostro progetto politico.
Se Fini ha ragione, e ha certamente ragione, a dire che l’Italia è ferma e in profondo declino e che il Governo non è più all’altezza della situazione, dopo Perugia è doveroso e inevitabile immaginare di aprire una fase nuova, nella quale sarà inevitabile e coerente con le nostre posizioni, ritirare la nostra delegazione dal Governo, assicurando soltanto l’appoggio esterno all’esecutivo, al solo fine di affrontare le emergenze reali del paese e le parti condivise del programma.
Su legalità, regole, giustizia non siamo più disposti a cedere di un solo millimetro al cupio dissolvi che sembra caratterizzare l’azione politica di Berlusconi e del Pdl.
Attraverso il ritiro della nostra delegazione appariremo certamente più coerenti sia agli occhi dell’opinione pubblica sia della straordinaria, e nuova, base militante che sopratutto attraverso Generazione Italia, abbiamo aggregato ed entusiasmato e che adesso attende coerenza e segni inequivocabili di rinnovamento nei metodi e negli uomini.
Serve per questo distinguerci con più forza dall’attuale centrodestra e sopratutto non commettere errori nella organizzazione territoriale.
Dobbiamo avere una grande capacità di ascolto della base e di coloro i quali dall’inizio ci hanno sostenuto. In Toscana come in Abruzzo, in Sicilia come in Piemonte non consentiamo il crescere di malumori o polemiche per l’eccessiva apertura verso soggetti e posizioni politiche non in linea con i grandiosi propositi di innovazione e legalità che ci siamo dati.
E’ quella la nostra forza e la nostra garanzia per la prospettiva. Legalità, innovazione, coerenza per costruire una nuova Italia.

Non sarà una letterina a lasciarci intimorire


dal sito di Generazione Italia

Le minacce infami e allarmanti inviate al capogruppo di Fli alla Camera devono far riflettere sulle gravi derive che un certo clima di intolleranza ed incomprensione politica rischierebbe di creare.
Caro infame, se riesco a venire a Roma ti faccio la posta e ti sparo un colpo in testa. Non è una minaccia, è una promessa! Viva Silvio, abbasso Fini l’infame“, è scritto nella missiva. La lettera sarebbe stata inviata al capogruppo dall’ufficio postale di Lamezia Terme il 4 ottobre scorso e indirizzata a ‘Onorevole Italo Bocchino, palazzo Montecitorio’. Ci sarebbe anche indicato il mittente, forse un nome di fantasia, e sarebbe indicata la città di residenza del mittente, Cosenza. I primi a prendere visione della missiva sarebbero stati gli uomini della scorta del capogruppo di FLI alla Camera dei Deputati.
La nostra piena solidarietà ad Italo che sta dimostrando di essere un leader dal rilevante profilo politico e forse questo può dare qualche fastidio o creare qualche malumore. Certamente non sara’ una letterina a lasciarci intimorire.

FLI a quota 8%. In calo Pdl e Berlusconi. Crescono Lega e Pd


di Gianmario Mariniello dal sito di Generazione Italia

La risalita prosegue. Dal dato di inizio settembre – in pieno dossieraggio, per intenderci – rilevato da Crespi Ricerche, che dava Futuro e Libertà a poco più del 5%, siamo passati a quota 8 in poco meno di un mese e mezzo.
Un trend positivo, con potenzialità altissime, se si considera che la fiducia in Gianfranco Fini è a quota 43, solo un punto in meno rispetto a Silvio Berlusconi, il cui gradimento per la seconda volta in poche settimane è inferiore a quello del Governo. Al dato positivo di FLI fa da contraltare la cifra costantemente al ribasso del Pdl, in picchiata al 28,2. E il vantaggio nei confronti del Pd è ormai solo di 3 punti percentuali e poco più, essendo il partito di Bersani al 25%, cifra su cui i democrats sono inchiodati da mesi.
Terzo partito è la Lega (13,8%), in costante crescita da inizio settembre, mentre invece crolla l’Italia dei Valori, a quota 5,2. Inchiodato è anche l’Udc, a quota 6, che non sembra dunque risentire degli scissionisti siciliani guidati da Totò Cuffaro. In calo anche Vendola (-0,2%, a quota 3,8) e Grillo (-0,4%, a quota 3).
Il partito preferito dagli italiani si conferma quello dell’astensione, in leggero calo a quota 40%, mentre cresce il gradimento in Fini, Bossi e Bersani.

Qui il sondaggio integrale di Crespi Ricerche. SCARICA!

Privatizzare la RAI per eliminare il canone: la proposta di FLI

SCARICA IL DOCUMENTO QUI

Privatizzare la Rai per ”dare unfuturo all’azienda e ai suoi dipendenti”, per ”far incassare allo Stato dai 4 ai 5 miliardi di euro”, per ”eliminare il canone – una tassa regressiva da 1,6 miliardi – che pesa in modo iniquo sui cittadini”. Privatizzare laRai, infine, ”per garantire una maggiore concorrenza e unapiu’ ampia pluralita”’. Questi i pilastri che hanno spinto Futuro e Liberta’ a promuovere una proposta di legge, elaborata da Libertiamo, per privatizzare la Rai.
”Una proposta – auspica il capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, presentando oggi a Roma la proposta insieme a Benedetto Della Vedova – che vorremmo fosse appoggiata ancheda Pdl e Lega, perche’ rientra nel perimetro del programma digoverno e perche’ va verso i cittadini e l’azienda”. Secondo Della Vedova, ”da qui a dieci anni, se tuttorestera’ invariato, la Rai e’ destinata alla liquidazione, afinire come Alitalia”. ”La privatizzazione non sarebbealtro – spiega il numero due di Fli alla Camera – che una decisione di responsabilita’. Cambiare la governance dell’azienda, allo stato attuale, non e’ possibile perche’ la politica, i partiti sono il Dna della struttura e non certo un dato accessorio. Lo dimostra il caso Santoro”.
”Un’azienda – conclude Della Vedova – che chiude ilprogramma di punta per ragioni politiche e’ destinata afallire”. Come previsto dalla proposta di legge, la privatizzazionesi autofinanzierebbe attraverso l’abbattimento dei tetti pubblicitari, continuando pero’ a mantenere, nei termini della concessione, spazi riservati alle trasmissioni diservizio pubblico. ”Non si tratta di una proposta propagandistica, demagogica, una bandierina da sventolare. Andremo avanti. E’ il modo migliore per togliere i partitidalla Rai”, conclude Bocchino, che precisa: ”Berlusconi non potrebbe acquistare la Rai. Lo impedirebbe l’Antitrust”. Fonte: ASCA

Università: Fli, pronti a ripresentare emendamenti se mancano risorse

Dal sito di Generazione Italia

Nell’ambito della riforma universitaria, grazie agli emendamenti presentati dai parlamentari di ‘Futuro e Libertà per l’Italia’ e accolti dal governo, abbiamo garantito un’opportuna apertura alle legittime istanze dei ricercatori e dei professori assicurando un adeguato piano di assunzioni e il ripristino degli scatti meritocratici”. Lo dichiarano in una nota Italo Bocchino, Fabio Granata e Giuseppe Valditara, che aggiungono: “Premesso che è necessario l’accoglimento da parte dell’Aula degli emendamenti concordati con tutti i gruppi che compongono la maggioranza e con il governo, ricordiamo che è necessaria un’adeguata copertura finanziaria”.

“Qualora dovessero mancare le risorse finanziarie siamo pronti a ripresentare in Aula tutti gli emendamenti necessari a garantire alla ricerca universitaria e ai giovani docenti una prospettiva certa, e l’effettivo riconoscimento della meritocrazia nell’università italiana”, concludono i parlamentari di Futuro e Libertà per l’Italia.

Ripartiremo dalla partecipazione


di Claudio Barbaro

Partecipazione. È questa la parola che è risuonata più e più volte in queste settimane di incontri e colloqui con amministratori e cittadini, che si avvicinano sempre più numerosi a Generazione Italia e al nascente partito di Futuro e Libertà per l’Italia. Una parola, ma soprattutto una richiesta, quasi un’esortazione, che abbiamo ascoltato anche sabato scorso in occasione della splendida riunione dei circoli di GI Lazio a Roma. Un appuntamento, come sottolineato dallo stesso Italo Bocchino e da tutti i presenti, che è andato ben oltre le più rosee aspettative e ha confermato, con le decine di interventi tenuti, che il territorio, la famosa “base”, c’è. È viva e desiderosa di rilanciare quell’impegno civile e politico che ha sempre contraddistinto la destra italiana, per troppo tempo mortificato e paralizzato dall’impostazione organizzativa del Popolo della Libertà: partito leggero sul territorio, ma di rara concezione verticistica. Un modello che prima ancora di scricchiolare nelle stanze di Montecitorio, ha iniziato a mostrare segni di cedimento proprio nella base, dove quella destra che si è ritrovata così numerosa intorno al Presidente Fini, non poteva reprimere la sua naturale propensione alla vita politica fatta di quotidianità, partecipazione e impegno. Pilastri di una visione della cosa pubblica, che già nella fase embrionale di Generazione Italia si è trasformata nell’esigenza di conferire alla stessa organizzazione, anche un profilo tematico grazie al quale sarà possibile aprire una finestra sul mondo associazionistico, sportivo e del terzo settore in generale. E proprio per questo è nata all’interno di GI, la sezione Sport e Tempo Libero, che già nella riunione di sabato a Roma, con i suoi trentadue rappresentanti presenti, ha mostrato grande vitalità e voglia di fornire a GI e al nascente partito, spunti di riflessione e proposte per avvicinare l’immenso mondo del volontariato alla nostra idea di sviluppo del Paese. Con GI Sport e Tempo Libero, infatti, abbiamo l’occasione di proseguire con l’enfasi e l’entusiasmo che ci ha sempre contraddistinti, un’opera di analisi e avvicinamento ai problemi degli italiani, attraversando l’immenso mondo delle associazioni, che in Italia rappresenta un fenomeno da circa 35 miliardi di euro annui, con un contributo al Pil pari al 3,2 %, reso possibile da oltre tre milioni di volontari e circa settecentomila lavoratori dipendenti. Numeri che ci facilitano a capire come la nostra nuova proposta politica, non potrà esimersi dal considerare il Terzo Settore un caposaldo della società italiana, all’interno del quale si ritrovano realtà sportive, culturali, sociali e di altro genere, che costituiscono l’asse solidale della nostra Repubblica. Mi sia concessa pertanto, la soddisfazione per aver visto sbocciare sin da subito l’interesse per GI Sport e Tempo Libero, ma soprattutto per la sensibilità con la quale Italo Bocchino prima e tutti gli altri amici di Generazione Italia poi, hanno immediatamente compreso la mia proposta di aprire questa sezione tematica che cresce rigogliosa insieme a tutta GI. Segnali, questi, che ci indicano chiaramente come la scelta del Presidente Fini sia stata indispensabile, principalmente per ridare ossigeno e dinamismo al popolo della destra e alle migliaia di uomini e donne che non rinunciano a sognare un’Italia dai principi saldi, dalle regole certe e rispettate da tutti, del merito e dell’onestà. Principi che risaltano con forza nella rotta tracciata da Gianfranco Fini e che Generazione Italia, a maggior ragione nella sua sezione dedicata allo sport (strumento insostituibile per diffondere i messaggi positivi di cui ci facciamo interpreti) e alla vita sociale dei cittadini, trasmetterà attraverso ogni sua iniziativa.

Nasce Futuro e libertà. Nasce il partito degli italiani



Dal sito di Generazione Italia

«Non sarà una Alleanza nazionale in piccolo, ma un Popolo della libertà in grande». Così Gianfranco Fini delinea l’orizzonte di Futuro e libertà per l’Italia, il nuovo soggetto politico che prende il via oggi, con l’insediamento del comitato promotore. E non è solo una sfida al centrodestra, ma a tutta la politica italiana. Anche perché Futuro e libertà, ha spiegato Fini, non sarà un partito classico, ma un «movimento d’opinione organizzato». Un movimento senza colonnelli né soldati, senza falchi e senza colombe. Senza gelosie e senza personalismi. Perché «siamo tutti sulla stessa barca». Un movimento nuovo, giovane. Con un’identità altrettanto nuova e giovane, da delineare nei prossimi mesi per arrivare all’appuntamento del 6 novembre a Perugia («un evento non più solo di Generazione Italia ma di tutta Futuro e libertà», ha spiegato il presidente) pronti a «spiegare bene il messaggio e l’identità del partito che nascerà, individuando punti valoriali e programmatici di un ideale manifesto da presentare alla convention». Si parte, dunque. Perché «non si poteva restare in mezzo al guado», ha detto Fini. Ora «si parlerà solo di politica», ma «senza ripetere gli errori del passato». Anche perché nonostante l’impegno, ribadito, a sostenere il governo, «bisogna tenersi pronti alle sorprese» (alle urne, insomma). Avanti tutta, approfittando anche del fatto che «la gente e l’opinione pubblica sono curiose e ci sono molte richieste di adesione». E dopo Perugia, il lancio ufficiale sarà a Milano. Perché – sorride Fini – «mi piace giocare in trasferta…».

FLI al 7,6%. Pdl e Pd ai minimi storici


dal sito di Generazione Italia

Un dato in crescita, dopo la lieve flessione della settimana scorsa: Futuro e Libertà arriva al 7,6%, il dato più alto da quando Crespi Ricerche tiene sotto osservazione FLI, il movimento ispirato da Gianfranco Fini che in questi momenti è in conclave a Roma. Un dato positivo, che conferma la felice intuizione del Presidente della Camera e che offre numerosi spunti di riflessione.
Così come sono da sottolineare le pessime performance del Popolo della Libertà (28,5) e del Pd, in picchiata al 24,2. Due dati certamente non positivi per i principali partiti italiani, che confermano un trend negativo ormai in atto da mesi. Bene invece la Lega Nord, a quota 13,5, che in una settimana guadagna più di un punto percentuale. Dato stabile per l’Udc, fermo al 6%, mentre perde addirittura un punto percentuale l’Italia dei Valori, crollata al 5,5. In questo quadro, Futuro e Libertà si pone come quarta forza del panorama politico italiano, con una centralità nemmeno lontanamente immaginabile qualche settimana fa.
Da evidenziare anche il 4% di Vendola – con Rifondazione Comunista ormai scomparsa a quota 1% – e il 3,5% di Beppe Grillo.
Crescono gli indecisi, sempre più primo partito con il 41% degli intervistati.
Silvio Berlusconi guadagna due punti di gradimento e supera il Governo: 45 a 44, dopo che la scorsa settimana per la prima volta il gradimento dell’Esecutivo era superiore rispetto a quella del premier. Fu a suo modo una notizia.

FLI: LAZIO; VERSO NUOVO PARTITO, SI LAVORA A GRUPPI AUTONOMI SALATTO: MANI LIBERI A PROSSIME AMMINISTRATIVE

Riportiamo la notizia ANSA che riguarda l'incontro di tutti i circoli di Generazione Italia nel Lazio.

(ANSA) - ROMA, 2 OTT - «Noi non stiamo creando il partito del risentimento, ma della proposta e della partecipazione». Parola di Antonio Buonfiglio, sottosegretario all'Agricoltura e coordinatore regionale di Generazione Italia. Il nuovo soggetto politico del centro-destra, di cui la prossima settimana il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avvierà la fase costituente, inizia a prendere forma nel Lazio con l'assemblea che riunisce i rappresentanti dei 102 circoli di Generazione Italia già costituiti in tutta la regione. «Sono convinto che arriveremo a 200 entro il 31 ottobre», rilancia l'eurodeputato e coordinatore a Roma del movimento Potito Salatto. La data che cita è quella della convention regionale che vedrà la partecipazione di Fini. Al cinema Adriano di Roma si riuniranno gli iscritti a Generazione Italia, che confluiranno poi direttamente nel nuovo partito, ma anche i neo consiglieri di Futuro e Libertà che nelle prossime settimane avvieranno la costituzione di gruppi autonomi nei comuni e nelle provincie del Lazio. «si è aperta una fase costituente vera», dice Buonfiglio. E anticipa che «anche in Regione presto accadrà qualcosa». Mentre in Campidoglio, per la nascita di un eventuale gruppo Fli si attende l'annunciato rimpasto di Giunta, «per evitare di prestarci a giochetti e di rischiare di fare da sponda a qualche consigliere contento». «Noi siamo sostenitori di Alemanno e Polverini che abbiamo votato - sottolinea Salatto - però loro prendano atto di questa nuova realtà e accettino da noi suggerimenti e critiche, altrimenti dovremo prendere le distanze». Quanto alle amministrative della prossima primavera, l'Eurodeputato anticipa: «Nelle amministrazioni comunali non abbiamo le mani legate: ognuno potrà scegliere sul territorio le alleanze che vuole». Presente all'assemblea di Generazione Italia Lazio anche Rocco Pascucci, consigliere regionale dell'Mpa. «Ho costituito il gruppo dell'Mpa dopo le elezioni - dice alla platea, ma se allora ci fosse stato il vostro partito avrei scelto Futuro e Libertà. Ora possiamo avviare un percorso insieme», che potrebbe portare anche alla nascita di un gruppo Fli-Mpa. Pascucci intravede un rischio a livello regionale: «che la Polverini governi da sola con l'Udc, come Berlusconi fa con la Lega». Un esempio? «Il piano sanitario: faccio parte della maggioranza, ma non so esattamente di cosa si tratta, non so cosa accadrà».(ANSA). Y5J-ST/DGP 02-OTT-10 15:05 NNN

di Gianmario Mariniello dal sito di GenerazioneItalia

Futuro e Libertà in lieve calo, ma non scende sotto la soglia del 7%, dimostrando stabilità, forza e sostanza in un momento non facile per Gianfranco Fini e per la neonata forza politica che ancora – ricordiamolo – non si è strutturata in un partito.
Perdere solo lo 0,5 in questo momento tanto delicato, con un’aggressione mediatica e politica senza precedenti è davvero un miracolo che ci regala grande fiducia in vista delle sfide future. Aggressione, sì. Non ne siamo convinti solo noi, ma – secondo l’Osservatorio realizzato da Crespi Ricerche in esclusiva per Generazione Italia – anche il 57,4 degli italiani, che ritengono Fini vittima di una campagna diffamatoria. Campagna che non giova al premier, che perde due punti, scendendo a quota 43 e nemmeno al governo, a quota 44. La novità è che per la prima volta l’Esecutivo ha un gradimento superiore rispetto al Presidente del Consiglio.
Stabili tutte le altre forze politiche, con il Pdl al 29 e il Pd al 25,5%. L’Udc non risente delle perdite “siciliane”, essendo stabile al 6%. In aumento solo il Movimento 5 Stelle, a quota 2,5%, con un +1 in soli sette giorni.
Schizzano al 40% gli indecisi: una percentuale che cresce ogni settimana. Ed è forse questo il principale campanello d’allarme per la politica italiana.

Scarica l’Osservatorio del 28 Settembre

Per noi la vicenda della casa di Montecarlo è chiusa qui


di Generazione Italia

Intervista di Fabrizio Roncone per “Il Corriere della Sera” – ROMA – «Mi creda: per noi la vicenda della casa di Montecarlo è chiusa qui».
Onorevole Italo Bocchino, questo lo ha già detto alle agenzie di stampa.
«Non le basta? Allora le aggiungo che, per quanto ci riguarda, da un lato è un problema del signor Tulliani e dall`altro di chi ha strumentalizzato questa vicenda».
Così è piuttosto facile: in realtà, Fini ha ammesso, dopo lunghe settimane, di non essere per nulla sicuro di ciò che afferma suo cognato, Giancarlo Tulliani. Mentre lei, onorevole Bocchino…
«lo cosa?».
Lei, appena giovedì scorso, ad Annozero, da Michele Santoro, ancora sembrava piuttosto certo dell`estraneità di Tulliani.
«No no… ricorda male».
Non credo.
«E invece sì».
Mi spiace: ma ricordo bene.
«Ricorda male. Infatti quanto ho sostenuto ad Annozero è ancora validissimo».
Ne è sicuro? «Allora, io sostenevo due cose. La prima: il documento che coinvolge il signor Tulliani arrivato da Saint Lucia è frutto di un`operazione di dossieraggio, a cui ha lavorato Valter Lavitola, amico personale di Berlusconi, tanto amico da averlo accompagnato, nel giugno scorso, in Sudamerica, e da essere ricevuto poi a Palazzo Grazioli venerdì mattina, poche ore dopo il mio intervento ad Annozero».
Lei parla di dossieraggio perché è ancora convinto…
«E il punto due del mio ragionamento: intanto il documento è anomalo, irrituale. Da Saint Lucia giunge poi a un giornalista in Honduras, che lo fa avere a due giornali di Santo Domingo. I quali, pur essendo in concorrenza, pubblicano lo stesso articolo. Segnalato, in Italia, al sito Dagospia e ripreso, infine, dai giornali …».
Questa è la cronaca dei fatti, onorevole.
Ora c`è Fini che sostiene di non fidarsi del cognato.
«Senta, i dubbi possiamo averli anche noi…».
Beh, onorevole, allora scusi se insisto: però lei e Briguglio, fino all`altro pomeriggio, avete sostenuto di avere elementi solidi per dire che Tulliani fosse estraneo alla vicenda…
«Eeeh… Mi ascolti: ammesso che ci sia lui dietro le società off-shore, per me, per noi l`azione grave è quella di dossieraggio attuata per danneggiare l`immagine di Fini».
Fini ha ammesso una sua possibile «leggerezza».
«Fini, in modo anglosassone, si è assunto tutte le sue, eventuali responsabilità».
Nei Paesi anglosassoni i leader non spediscono video-messaggi.
«Ah no? E che fanno?».
I leader anglosassoni si lasciano intervistare dai giornalisti.
«Non era previsto un interrogatorio di Fini, ma un suo chiarimento. Abbiamo fatto una scelta di marketing, scegliendo lo strumento più moderno».
Perché Fini ha atteso tanto per ammettere di non essere certo dei comportamenti di Tulliani?.
«Perché non immaginava che un fatto di piccola importanza, su cui anche lui poteva già avere dei sospetti, portasse a questa violentissima offensiva mediatica da parte dei giornali che fanno riferimento a Silvio Berlusconi».
Comunque sorprende che un cognato trentenne possa risultare così ingombrante per il presidente della Camera.
«Beh, adesso, dopo tanti titoli e titoloni da guerra, è piuttosto automatico e facile pensare una cosa del genere…».
E vero che Tulliani, fino all`ultimo, nella notte tra venerdì e sabato, ha chiesto a Fini di essere coperto? «No. Assolutamente no. Lui a Fini ripeteva: “Mi chiedi la verità? E io ti dico: non sono io il proprietario di quella casa; e in più ho anche un regolare contratto di affitto”».

Parole che a Fini, comprensibilmente, non sono bastate. Quali sono, attualmente, i rapporti con il cognato? «Diciamo che Fini è molto arrabbiato con tutta la situazione».

Berlusconi, osservando il video-messaggio di Fini, avrebbe ironizzato, sostenendo che sembrava di vedere Scajola.

«Berlusconi, evidentemente, non ha saputo apprezzare il grande elemento di novità introdotto da Fini, il quale ha detto di aspettare che la magistratura faccia il suo corso, senza sostenere, a differenza di qualcun altro, che i magistrati sono pazzi o, nel migliore dei casi, corrotti».

Mercoledì prossimo, in aula, sarà dura.

«Mancano due giorni. E due giorni sono tantissimi, in una situazione di questo tipo. E una questione di numeri, no? Beh, mercoledì vedremo quali sono quelli veri, autentici».

Alcuni osservatori temono che la partita tra Fini e Berlusconi, e quindi la sopravvivenza del governo, possa volgere alle sue fasi conclusive.

«L`esito di questa partita non dipende da noi».

E da chi? «Da Berlusconi. Se va avanti con la guerra, è chiaro che crolla tutto. Se invece decide di dare ascolto a Gianni Letta…».

(L’onorevole Italo Bocchino parlava al telefonino, in viaggio tra Torino e Brescia. Per quel po` che si è potuto intuire dal tono della voce e dalla nettezza, dalla rapidità con cui rispondeva, è parso tutt`altro che in apprensione, o stanco).

Berlusconi e il potere: quando la “rivoluzione” è una mera illusione

di Angelica Stramazzi dal sito di GenerazioneItalia

Ancora il 1994 e ancora Silvio Berlusconi. Perché, inutile negarlo, ogniqualvolta che, da più parti, si manifesta la volontà di rintracciare i momenti significativi che hanno cambiato le vicende politiche del nostro Paese, l’attenzione si concentra sulla discesa in campo di quell’imprenditore lombardo così distante dai giochi di Palazzo ma al tempo stesso così pragmatico e quindi maggiormente vicino alle esigenze della popolazione.
Del resto sarebbe un errore negare che il 1994 rappresentò – e non solo per la storia politica italiana – una importante quanto netta cesura. Nel periodo precedente infatti, la politica tutta aveva operato secondo logiche divisorie e correntizie, cercando di rappresentare ogni interesse in gioco, nel tentativo di non lasciare indietro nessuno. Di sicuro, proprio a causa di questo suo vizio di forma (e di sostanza), i partiti politici osteggiavano anche la più remota ipotesi di semplificazione del quadro costituzionale, ritenendo che la concentrazione di una quantità smisurata di potere nella mani di un solo uomo potesse dar vita a quelle pericolose degenerazioni che l’Italia aveva già ampiamente sperimentato e vissuto. Per questo, il nostro Paese non ha mai operato – come ad esempio ha fatto la Francia – una profonda e senza dubbio necessaria revisione di quel dettato costituzionale che del buon funzionamento dei poteri dovrebbe essere l’architrave e il principale punto di riferimento.
Cosa resta oggi di quell’operazione di restyling che l’attuale Presidente del Consiglio propose per il bene del paese e della politica nel suo complesso? Che fine ha fatto quella spinta propulsiva, riformatrice e liberale che della svolta del ’94 rappresentò il vero punto di rottura rispetto al passato? Berlusconi, come ricorda in modo puntuale Angelo Panebianco sul Corriere di oggi, avvalendosi di strumenti quali la ricchezza personale, il carisma e le televisioni, “diede la falsa impressione che un processo irreversibile di ricomposizione fosse in atto. Ma era solo un’apparenza, un’illusione. Che si dissolverà del tutto quando Berlusconi uscirà di scena”. Un’illusione, una falsa verità insomma. Una volontà apparente di cambiamento che, in fondo, nascondeva la necessità di far sì che tutto restasse immutato, ingessato, incancrenito.
Di quella “novità” oggi non resta pressoché nulla, se non qualche promotore stanco e deluso di cantare le lodi di un Salvatore che non c’è, perché troppo indaffarato a fornire indicazioni per la preparazione di dossier costruiti ad hoc per screditare l’avversario che disturba, che chiede di parlare e di trasformare in azioni concrete quelle promesse che, da 17 anni, giacciono dimenticate in un cassetto.

Montecarlo: la verità di Fini


Purtroppo da qualche tempo lo spettacolo offerto dalla politica è semplicemente deprimente.

Da settimane non si parla dei tanti problemi degli italiani, ma quasi unicamente della furibonda lotta interna al centrodestra.

Da quando il 29 luglio sono stato di fatto espulso dal Popolo della libertà con accuse risibili, tra cui spicca quella di essere in combutta con le procure per far cadere il governo Berlusconi, è partita una ossessiva campagna politico giornalistica per costringermi alle dimissioni da Presidente della Camera, essendo a tutti noto che non è possibile alcuna forma di sfiducia parlamentare.

Evidentemente a qualcuno dà fastidio che da destra si parli di cultura della legalità, di legge uguale per tutti, di garantismo che non può essere impunità, di riforma della giustizia per i cittadini e non per risolvere problemi personali.

In 27 anni di Parlamento e 20 alla guida del mio partito non sono mai stato sfiorato da sospetti di illeciti e non ho mai ricevuto nemmeno un semplice avviso di garanzia.

Credo di essere tra i pochi, se non l’unico, visto le tante bufere giudiziarie che hanno investito la politica in questi anni.

E’ evidente che se fossi stato coinvolto in un bello scandalo mi sarebbe stato più difficile chiedere alla politica di darsi un codice etico e sarebbe stato più credibile chiedere le mie dimissioni.

Così deve averla pensata qualcuno, ad esempio chi auspicava il metodo Boffo nei miei confronti, oppure chi mi consigliava dalle colonne del giornale della famiglia Berlusconi di rientrare nei ranghi se non volevo che spuntasse qualche dossier – testuale – anche su di me, “perchè oggi tocca al Premier, domani potrebbe toccare al Presidente della Camera”. Profezia o minaccia?

Puntualmente, dopo un po’, è scoppiato l’affare Montecarlo.

So di dovere agli italiani, e non solo a chi mi ha sempre dato fiducia, la massima chiarezza e trasparenza al riguardo.

I fatti:

An, nel tempo, ha ereditato una serie di immobili. Tra questi, nel 1999, la famosa casa di Montecarlo, che non è una reggia anche se sta in un Principato, 50-55 metri quadrati, valore stimato circa 230 mila euro. Essendo in condizioni quasi fatiscenti e del tutto inutilizzabile per l’attività del Partito, l’11 luglio 2008 è stata venduta alla Società Printemps, segnalatami da Giancarlo Tulliani. L’atto è stato firmato dal Segretario amministrativo, senatore Pontone da me delegato, un autentico galantuomo che per 20 anni ha gestito impeccabilmente il patrimonio del partito, e dai signori Izelaar e Walfenzao.

Il prezzo della vendita, 300 mila euro, è stato oggetto di buona parte del tormentone estivo. Dai miei uffici fu considerato adeguato perchè superava del 30 per cento il valore stimato dalla società immobiliare monegasca che amministra l’intero condominio.

Si poteva spuntare un prezzo più alto? E’ possibile. E’ stata una leggerezza? Forse. In ogni caso, poichè la Procura di Roma ha doverosamente aperto una indagine contro ignoti, a seguito di una denunzia di due avversari politici e poichè, a differenza di altri, non strillo contro la magistratura, attendo con fiducia l’esito delle indagini.

Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il Signor Giancarlo Tulliani.
Il fatto mi ha provocato un’arrabbiatura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d’affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione.
Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un po’ di serenità alla mia famiglia.

E’ stato scritto: ma perchè venderla ad una società off shore, cioè residente a Santa Lucia, un cosiddetto paradiso fiscale? Obiezione sensata, ma a Montecarlo le off shore sono la regola e non l’eccezione.

E sia ben chiaro, personalmente non ho nè denaro, nè barche nè ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse.

Ho sbagliato? Con il senno di poi mi devo rimproverare una certa ingenuità. Ma, sia ben chiaro: non è stato commesso alcun tipo di reato, non è stato arrecato alcun danno a nessuno. E, sia ancor più chiaro, in questa vicenda non è coinvolta l’amministrazione della cosa pubblica o il denaro del contribuente. Non ci sono appalti o tangenti, non c’è corruzione nè concussione.

Tutto qui? Per quel che ne so tutto qui.
Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo?
E’ Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel’ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche a me. E se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera.
Non per personali responsabilità – che non ci sono – bensì perchè la mia etica pubblica me lo imporrebbe.

Di certo, in questa brutta storia di pagine oscure ce ne sono tante, troppe. Un affare privato è diventato un affare di Stato per la ossessiva campagna politico-mediatica di delegittimazione della mia persona: la campagna si è avvalsa di illazioni, insinuazioni, calunnie propalate da giornali di centrodestra e alimentate da personaggi torbidi e squalificati.
Non penso ai nostri servizi di intelligence, la cui lealtà istituzionale è fuori discussione, al pari della stima che nutro nei confronti del Sottosegretario Letta e del Prefetto De Gennaro.

Penso alla trama da film giallo di terz’ordine che ha visto spuntare su siti dominicani la lettera di un Ministro di Santa Lucia, diffusa da un giornalista ecuadoregno, rilanciata in Italia da un sito di gossip a seguito delle improbabili segnalazioni di attenti lettori.

Penso a faccendieri professionisti, a spasso nel Centro America da settimane (a proposito, chi paga le spese?) per trovare la prova regina della mia presunta colpa. Penso alla lettera che riservatamente, salvo finire in mondovisione, il Ministro della Giustizia di Santa Lucia ha scritto al suo Premier perchè preoccupato del buon nome del paese per la presenza di società off shore coinvolte non in traffici d’armi, di droga, di valuta, ma di una pericolosissima compravendita di un piccolo appartamento a Montecarlo.

Ma, detto con amarezza tutto questo, torniamo alle cose serie. La libertà di informazione è il caposaldo di una società aperta e democratica. Ma proprio per questo, giornali e televisioni non possono diventare strumenti di parte, usati non per dare notizie e fornire commenti, ma per colpire a qualunque costo l’avversario politico. Quando si scivola su questa china, le notizie non sono più il fine ma il mezzo, il manganello. E quando le notizie non ci sono, le si inventano a proprio uso e consumo. Così, con le insinuazioni, con le calunnie, con i dossier, con la politica ridotta ad una lotta senza esclusione di colpi per eliminare l’avversario si distrugge la democrazia. Si mette a repentaglio il futuro della libertà. Chi ha irresponsabilmente alimentato questo gioco al massacro si fermi, fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi. Fermiamoci pensando al futuro del paese. Riprendiamo il confronto: duro, come è giusto che sia, ma civile e corretto.
Gli italiani si attendano che la legislatura continui per affrontare i problemi e rendere migliore la loro vita. Mi auguro che tutti, a partire dal Presidente del Consiglio, siano dello stesso avviso. Se così non sara’ gli italiani sapranno giudicare. E per quel che mi riguarda ho certamente la coscienza a posto.

Precari: la protesta degli ultimi


di Vittoria Operato (Consulente Giuridico Coordinamento Regione Campania Generazione Italia)

C’era una volta il Maestro di scuola, autorevole e distante come un Dio, depositario del potere di infliggere persino punizioni corporali esemplari all’alunno indisciplinato o di scarso rendimento, senza tema di azioni disciplinari. La punizione veniva inflitta con il beneplacito del genitore, per lo più il padre, il quale, titolare unico della potestà genitoriale, non avrebbe osato discutere l’autorità indiscussa del Maestro, né tantomeno il merito della scelta dei mezzi educativi reputati più idonei. Nel corso dei decenni, si è incisa una crepa che è diventata voragine fino a minare le fondamenta stesse della scuola pubblica, cosicchè si è andata offuscando anche la dignità e la solennità che ammantavano la figura del Maestro e del Professore fino al punto di casi estremi, di attacchi violenti da parte di adolescenti alla sbaraglio che riversano, contro l’istituzione scuola, il senso di inadeguatezza verso una società che di fatto gli chiude le porte in faccia. C’è stato dunque un tempo in cui essere Maestro voleva dire ricoprire un ruolo reputato socialmente di rilievo, oggi la scuola italiana è allo sfacelo e cade a pezzi, letteralmente a pezzi. Così mentre il Paese geme, disastrato ed indebitato all’inverosimile, ed i poveri sono sempre più poveri, sullo sfondo di una lotta tra forze politiche che hanno perso il contatto con la realtà, un’intera generazione di giovani docenti, di lavoratori onesti, un esercito di disperati fatto di 200 mila persone, è pronta a tutto per tentare di salvare lo stipendio e non finire sul lastrico. Per un osservatore attento, è interessante notare come si possano cogliere nel Paese i segnali, per il momento sporadici, di un’insofferenza e di un disagio sociale profondo che partono dal basso, dai fischi a dell’Utri, e poi a Schifani fino al fumogeno lanciato contro Bonanni c’è un’altra Italia che non ne può più.

In questo quadro si colloca la protesta dei precari, che ha la faccia pulita di tanti giovani coraggiosi e di talento, con alla spalle un lungo ed inutile percorso di studi. Questi giovani sono tra quelli indicati da Fini nella piazza di Mirabello, di quelli che fa davvero male al cuore vederne i volti consumati dalle privazioni del cibo essenziale per la vita. Ma dov’è l’ Italia del precariato? Non la trovi certo in TV, perché fa notizia solo se si tenta il suicidio, eppure è una realtà che si estende a macchia d’olio, che toglie ogni diritto sociale e taglia fuori dal futuro, in un Paese schizzofrenico in cui è più facile trovare lavoro se sei ex detenuto da collocare in un programma di reinserimento.

L’Italia è un Paese di vecchi, anzi di supervecchi avidamente aggrappati ai ruoli di comando, camuffati da sempre giovani con i sapienti trucchi che la medicina estetica consente e che quando lasciano uno spiraglio aperto ai giovani lo fanno solo e se appartieni alla cerchia familiare-amicale. Eppure, a volte, persino in tali casi si può notare come si radicano sentimenti di rivalsa, cosicchè gli stessi “figli di” raccontano spesso di sentirsi schiacciati dal peso di un ascendente che non vuole saperne di allentare la presa dal potere. Non a caso al Presidente Fini, come lui stesso ammette, è stato fatto notare di “essere giovane”, nell’accezione più deteriore del termine, nel senso che trovandosi nella condizione di essere più giovane di Berlusconi, avrebbe dovuto rassegnarsi ad una lunga attesa. Ecco, questo è l’emblema che rappresenta bene la mentalità italiota corrente, la quale si è espressa attraverso scelte politiche che hanno condannato all’esilio i nostri più brillanti giovani ricercatori, che si ricostruiscono all’esterno un’identità negata in Patria. Perché, è bene capirlo, se da giovane sei considerato inutile, demansionato, rifiutato dal ciclo produttivo di un Paese in cui fa moda lo stile giovanilistico dei vecchi, che si riciclano eternamente, allora entra in discussione l’identità stessa dei nostri giovani, che si fa confusa ed incerta, mentre i modelli per le nuove generazioni di italiani, che il sultanato Berlusconi sta producendo, sono agghiaccianti.

Se si è una donna si è più fortunati perché ci si può ispirare alle gheddafine, recentissimo modello del prototipo intramontabile della Velina, le abbiamo viste sfilare robotiche ed inespressive, addestrate al silenzio, mentre scarsi sono stati i riflettori per i giovani precari della scuola, che nell’indifferenza generale, sfidano la morte con la lotta estrema dello sciopero della fame ed ai quali un’altra donna, una Gelmini in versione Crudelia De Mon, dice di arrendersi senza condizioni, in un Paese in cui da sempre persino con i rapinatori che assaltano le banche si tratta la resa. E allora, i precari si affamano, si sfiniscono perché sanno che oltre la lotta non c’è orizzonte, perchè sanno che essere precario è peggio di tutto, si deve imparare a pensare in piccolo, i pensieri si fanno striminziti e ti ricordano che non puoi osare, perché si perdono le prerogative stesse della giovane età, il desiderio di conoscenza di sé e del mondo. Una condizione da giovane “senza lavoro” si traduce in un limbo senza vie d’uscita, e rispetto a tale condizione lo sciopero della fame, quale forma pacifica di protesta, eleva questi uomini sconosciuti dalle vite comuni e tranquille al di sopra di tutti noi.


“Se il cambiamento di Gianfranco Fini siete voi, io m’iscrivo”

di Adriano Falanga

“Diamogli l’impunità, la grazia e la benedizione, ma togliamocelo dalle (scatole)”, a dirlo è Angelo, si definisce vecchio militante del MSI. Sono da poco passate le 9, abbiamo appena tirato su il gazebo. Angelo ci osservava. E’ stato il primo cittadino ad avvicinarci, due battute, quelle riportate sopra, poi prende un volantino e si siede al tavolino del bar vicino.
Le ragazze con i volantini iniziano a girare per la piazza, distribuiscono e sorridono. qualcuno chiede informazioni, loro indicano il gazebo. Lentamente la piazza, piazza Flavio Gioia, si anima. E’ puntuale la vigilessa che con estremo garbo, quasi timidezza, ci dice “sono sicura che è così, ma devo chiedervelo, posso vedere l’autorizzazione”? Ovviamente si. Ci sorride, scruta i manifesti e ci saluta. Bene, è andata, la giornata è iniziata.

Pian piano ci raggiungono gli altri amici, iscritti, ognuno di loro lo vedo parlare con qualcuno. Mi stupisco quando mi rendo conto che i complimenti della gente sono decisamente abbondanti. Pensavamo a qualche critica, m’ero preparato mentalmente due frasi per affrontare la solita domanda “ma prima non ve n’eravate accorti”? Invece no, la gente ci sorride, si complimenta con noi per la scelta fatta da Futuro e Libertà. Ci chiedono di Mirabello, sono felici del discorso dettagliato del nostro presidente Fini. Qualcuno azzarda “vi ho visto in tv!”, (ed io penso, meno male che m’ero sbarbato). Qualcuno più interessato ci chiede lumi sui progetti futuri, a Salerno in primavera ci sono le amministrative, vogliono anticipazioni sulle scelte locali dei “finiani”.

Passa qualche ora, è davvero sorprendente girarsi attorno e notare che sono presenti i ragazzi dei circoli della provincia, ci sono i membri dell’esecutivo provinciale. Ma la gioia è enorme quando t’accorgi che in molti, in tanti, hanno raccolto l’invito da Facebook e sono venuti apposta dalle città della provincia. Oggi a Salerno volevamo distribuire volantini, testare le primissime reazioni.

Pazzesco quando qualcuno mi chiede “per le offerte dove?”… No, nessuna offerta, grazie! “Allora mi iscrivo”!

Bene, benissimo, eravamo venuti per i volantini, ed in tre ore, alla prima uscita pubblica, abbiamo raccolto diverse iscrizioni. Spontanee! Già, spontanee come tutti noi presenti, perchè il fine è comune, pardon, il Fini è comune. L’obiettivo è il Futuro, il desiderio è Libertà.

Tra un caffè, altre iscrizioni, volantini, chiacchierate, proposte, il tempo è volato. Peccato, oramai ci eravamo abituati. Qualcuno è andato via, ma facciamo in tempo a scattare la foto per la stampa.

Abbiamo raccolto proposte, consigli, siamo rimasti davvero stupiti dalla cordialità della gente, ci rendiamo conto che volendo, si può riavvicinarli alla politica. Perchè vedete, non è vero che in Italia la gente non crede più alla politica, non è neanche vero che è sfiduciata, in realtà questa nostra gente non ha più occasioni di confronto, non può più parlare. Oramai stava passando l’immagine della politica fatta nei palazzi.

Siamo soddisfatti, iniziamo a smontare il gazebo, facciamo attenzione al cimelio, cioè il tricolore di Mirabello. Due battute tra di noi per pianificare la prossima iniziativa quando una voce ci chiede di aspettare, di non spegnere il pc. Ci voltiamo, è Angelo, il signore di stamattina, quello incazzato con “lui”. E’ stato seduto ad osservarci tutto il tempo. Stamattina era imbronciato, ora ci sorride.

Ci tende la mano e dice “Se il cambiamento di Gianfranco Fini siete voi, io m’iscrivo”.

Bene, volevamo distribuire volantini, abbiamo raccolto iscrizioni. Già, noi possiamo essere il cambiamento, noi ci crediamo, faremo in modo, questo è il nostro impegno, che anche voi possiate crederci.

Se la colpa di Fini è aver parlato di Legalità…


Riportiamo un interessante articolo di Giuseppe Valditara dal sito di GenerazioneItalia

Una delle differenze più rilevanti fra prima e seconda repubblica è la diversa valutazione dei comportamenti etici della politica. E’ opinione diffusa che nella prima repubblica la corruzione servisse soprattutto per arricchire i partiti di riferimento, lasciando peraltro nelle tasche dei politici avanzi non di poco conto. Oggi, essendo i partiti strutture più leggere, la corruzione è esclusivamente a favore del singolo. Questa differenza, di per sè non marginale, è senz’altro di minor rilievo rispetto ad un’altra. Nella prima repubblica ogni politico, anche il più corrotto, si sentiva in dovere di condannare il malaffare. Nessun democristiano, nessun socialista, anche il più compromesso in vicende affaristiche, avrebbe mai difeso in pubblico i corrotti, nè avrebbe mai dichiarato che non devono essere cacciati dalla politica. Questo atteggiamento psicologico, che ad alcuni sembrerà ipocrita, aveva però la importante conseguenza che la corruzione era pubblicamente disprezzata, che nessuno avrebbe mai potuto prendere esempio da un corrotto, e che dunque il senso etico era salvaguardato. Naturale conseguenza di ciò furono le dimissioni di massa di centinaia di politici coinvolti in Tangentopoli. Va detto che, tranne forse poche eccezioni, quei politici non furono vittime di una persecuzione giudiziaria e tuttavia ebbero il merito di sentirsi in dovere di dimettersi, in molti casi addirittura al semplice arrivo di un avviso di garanzia. I politici condannati sparirono quasi tutti dalla scena, l’eccezione più nota è, per paradosso, quella di Umberto Bossi. Oggi, caso unico fra le democrazie occidentali, in Italia una condanna penale non è mai causa di dimissioni, anzi più si è inquisiti e più si acquisiscono meriti e si ricevono nuovi incarichi. D’altro canto nella prima repubblica a nessuno passò per la testa di cambiare le leggi per salvare una intera classe dirigente, che, sia detto per inciso, aveva rovinato, non meno di certo sindacato, i conti dello Stato e l’efficienza della nostra pubblica amministrazione. Nemmeno un caso Brancher sarebbe mai stato possibile nella cosiddetta prima repubblica. Parallelamente, anche la coscienza popolare sembra oggi più rilassata o quanto meno più rassegnata. Questa involuzione etica trova nelle vicende degli ultimi mesi una singolare conferma. Molti autorevoli politici ebbero a commentare il caso Scajola in modo assai singolare: la colpa maggiore del ministro sarebbe stata quella di non essere stato sufficientemente “furbo”. E’ egualmente singolare che gli attacchi al presidente della Camera abbiano spesso un comune fondamento: non gli viene perdonato di aver parlato di legalità, di aver fatto il “moralista”, di aver detto che un politico non deve farsi corrompere, che deve guardare all’interesse generale della nazione. E’ il messaggio politico di Fini che ha infastidito così tanto coloro che erano riusciti ad addormentare le coscienze della gran parte degli italiani, coloro che ritengono che la morale sia un inutile e ipocrita impiccio. E’ proprio quel messaggio politico, volto a ridare al centrodestra la cultura della legalità e del rispetto delle regole, che tutte le persone per bene devono aver il coraggio di non lasciar cadere nel vuoto.

Festa Tricolore “Futuro e Libertà” di Torino


16 – 19 settembre
FESTA TRICOLORE Torino 16-17-18-19 Settembre 2010
Dehors estivo “ Perù” – Strada San Mauro 123- Torino

Programma della Festa:
16 settembre 2010
ore 17,30 Apertura della Festa
ore 18,00 Intervento On. Cristiana MUSCARDINI (Europarlamentare)
ore 19,00 Dibattito su “ Il superamento delle ideologie”
On. Fabio GRANATA, Prof. Sergio RODA (Vicerettore Università di Torino), modera Prof. Daniela SANTUS.
Ore 20,30 Cena Tricolore
Ore 21,30 Spettacolo Musicale

17 settembre 2010
ore 18,00 Dibattito su “ Europa e coesione Nazionale”
On. Salvatore TATARELLA (europarlamentare)
ore 19,00 Dibattito su “ Fisco e Attività Produttive”
On. Enzo RAISI, Sen. Giuseppe MENARDI
Ore 21,30 Spettacolo Musicale

18 settembre 2010
ore 18,00 Intervento On. Silvano MOFFA su “ Futuro e Liberta”
Ore 20,30 Cena Tricolore
Ore 21,30 Spettacolo Musicale

19 settembre 2010
ore 11,00 Incontro con Amministratori Locali
On Adolfo Urso, On. Maria Grazia Siliquini, Sen. Giuseppe MENARDI
Ore 12,30 Pranzo TRICOLORE
Ore 20,30 Cena Tricolore
Ore 21,30 Spettacolo Musicale ed esibizione dei Campioni del Mondo di Ballo Caraibico

Il profumo della libertà. E dell’alternativa


Dal sito di GenerazioneItalia di Gregorio Esposito

La condizione nazionale che avvolge il paese in questo contesto storico è senza dubbio sconcertante. In natura, un fenomeno del genere è visibile solo quando alle annunziate catastrofi naturali che possono colpire la nostra esistenza si accompagnano strane danze propiziatorie che sugli alti rami di maestosi arbusti inducono una strana tribù di scimmie allo sconvolgente movimento di tutta la foresta. Esse si agitano, urlano quasi a voler attirare l’attenzione di chissà quale fantomatica creatura salvatrice, e, mentre le ruspe dell’immoralità e dell’ illegalità travolgono e sradicano ogni assetto istituzionale di questo paese, la parte sana continua a lottare cercando di preservare tutto ciò che di buono è rimasto, evitando (in nome di un “buon senso” condiviso) di rimanere invano appesi ad un sottile ed inutile ramo di ginepro. Danzano le scimmie, non è chiaro se per protesta o per chissà quale previsione che, nel passaggio tra i rami secchi di questa democrazia sui generis, ne anticipa un prevedibile ed ulteriore dramma. Si scaccia l’intruso facendolo passare per estraneo perché dal cerchio ostile della sudditanza inconsapevole che disegna questa giungla ha tentato di preservare la propria coscienza in nome di una democrazia ancora viva e vitale. Le code di queste scimmie che sicure di esser ben ancorate ai rami secchi di una maggioranza caratterizzata da vuoti tronconi consenzienti, vacillano perché oggi ne intravedono una fine certa. Esse odono ormai il grido di chi per troppo tempo censurato politicamente ha trovato la forza per rappresentare i cittadini partendo da un sano dialogo politico che (almeno per una volta) mira al benessere del paese. Un’alternativa politica oggi c’è e si apre all’orizzonte di questa foresta abitata non già da creature pericolose come è facile pensare, ma, da un malcostume sociale che invece le governa. Una nuova generazione scendendo dai rami secchi di queste illusorie libertà ha iniziato la sua danza animandola di consensi che segnano la svolta politica. L’alternativa la costruiamo noi giorno per giorno, iscritto dopo iscritto, prendendo le distanze da quella tribù di scimmie che non ha mai smesso di danzare al passo pesante del signore della giungla. Un’ alternativa è ora possibile perché concretamente nell’aria ne sentiamo il profumo, e, mentre le piogge acide dell’avvelenata ingiustizia continuano e bagnano la morbida terra su cui oggi camminiamo, sugli alberi della speranza si coltivano i sogni di un orizzonte più chiaro per tutti e sicuramente meno inquinato di quello attuale. Vorremmo incontrare ancora una volta quella libertà che per la vita conduce l’uomo, ma, per essa, lo induce a costruire un futuro migliore.

Radere al suolo Tor Bella Monaca


Proposta choc a Cortina. Ma su Corviale il sindaco boccia l'idea di Buontempo di demolire il serpentone

ROMA - La nuova proposta choc di Gianni Alemanno è arrivata dalle Dolomiti. E cioè dallo stesso palco della manifestazione Cortina Incontra, dove appena una settimana fa aveva lanciato l’idea, poi contestata anche da una parte del centrodestra, di tassare i cortei che attraversano la Capitale. Stavolta il sindaco ha cambiato argomento: «Vogliamo demolire Tor Bella Monaca», ha detto. Un’annuncio che non mancherà di scatenare polemiche. E che per adesso ha scatenato sorpresa e stupore, ma anche ironia: «Ma come? Appena eletto ha detto che voleva spostare la teca di Meier dell’Ara Pacis a Tor Bella Monaca? Adesso vuole buttare giù il quartiere? Non ha le idee molto chiare», hanno scherzato dal centrosinistra.

Il progetto Alemanno vorrebbe trovare dei terreni vicino a Tor Bella Monaca per costruire nuove abitazioni Nella foto a sinistra, Teodoro Buontempo, assessore regionale alla Casa Come riferisce l’agenzia di stampa Omniroma, il sindaco stava partecipando al dibattito «Estetica della città», quando il moderatore gli ha chiesto su quale parte di Roma si potrebbe intervenire con un drastico intervento di riqualificazione. E Alemanno, dopo averci pensato qualche secondo, ha risposto: «Sicuramente Tor Bella Monaca va demolita, rasa al suolo, non tanto Corviale, che è un altro discorso. A Tor Bella Monaca ci sono case costruite con un sistema di prefabbricazione in cui piove dentro», ha detto. E poi: «Se abbiamo terreni e aree per costruire affianco un nuovo quartiere a Tor Bella Monaca per permettere alle persone che lì abitano di spostarsi, sarebbe una scelta popolare. Chi vive dentro quelle case non vive bene e vorrebbe spostarsi».

Alemanno prima dell’annuncio choc ha affermato che «oggi con le ultime sentenze della Corte Costituzionale espropriare costa troppo. Siamo passati dall'assoluta massificazione degli anni passati a meccanismi oggi troppo restrittivi: è necessaria una nuova legge urbanistica complessiva che consenta di costruire dove c'è bisogno e non solo dove c'è interesse di privato e di società immobiliari, se no continueremo ad avere città che si espandono in zona agricola. È necessario invece demolire e ricostruire ampie aree della città, recuperando anche terreno urbano». E ancora: «A Roma ci sono molte aree delle 167 che sono autentiche cisti urbane, penso al Tiburtino 3 e altre zone». Come appunto Tor Bella Monaca.

L’idea di Alemanno, che per adesso non sembra supportata da progetti concreti di intervento, rischia di aprire un nuovo fronte di polemica interno al centrodestra. Teodoro Buontempo, grintoso assessore regionale alla Casa nella giunta guidata da Renata Polverini, appena insediato ha illustrato come uno degli obiettivi programmatici l’abbattimento del «serpentone» di Corviale e la ricostruzione di nuovo unità residenziali per gli abitanti della zona. Un progetto chiaramente in contrasto con l’idea appena annunciata dal sindaco, che ha invece escluso proprio l’abbattimento di Corviale.

L’ultimo saluto di Francesco Cossiga all’Italia – La lettera a Fini


Pubblichiamo la lettera che il Presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, prima di morire, ha stabilito che venisse inviata al presidente della Camera, Gianfranco Fini.

“Signor Presidente, nel momento in cui nella fede cristiana lascio questa vita, il mio pensiero va alla Camera dei deputati, nella quale, per voto del popolo sardo, entrai nel 1958 e fui confermato fino al 1983, anno in cui fui eletto senatore. Fu per me un grandissimo e distinto privilegio far parte del Parlamento nazionale e servire in esso il Popolo, sovrano della nostra Repubblica. Professo la mia fede repubblicana e democratica, da liberaldemocratico, cristianodemocratico, autonomista-riformista per uno Stato costituzionale e di diritto. Professo la mia fede nel Parlamento espressione rappresentativa della sovranità popolare, che è la volontà dei cittadini che nessun limite ha se non nella legge naturale, nei principi democratici, nella tutela delle minoranze religiose, nazionali, linguistiche e politiche. Ringrazio i parlamentari tutti per il concorso che in tutti questi anni hanno dato con l’adesione o con l’opposizione, con l’approvazione o con la critica alla mia opera di politica. A tutti i deputati e a Lei, Signor Presidente, l’augurio di un impegnato lavoro al servizio della libertà, della pace, del progresso del popolo italiano. Dio protegga l’Italia. Con cordiale amicizia, Francesco Cossiga”.

Addio Presidente…


Riportiamo dal sito di giovani.generazioneitalia.it un articolo che ricorda il Presidente Cossiga.

Se n’è andato anche lui. Nel primo pomeriggio di oggi ci ha lasciato il presidente emerito della Repubblica, il senatore a vita Francesco Cossiga, da tempo ricoverato per un grave malore al policlinico Gemelli di Roma. Nato a Sassari 82 anni fa, ebbe fin da giovane una rampante carriera politica all’interno della Democrazia Cristiana. L’appellativo di picconatore gli viene da quando, presidente della Repubblica sul finire degli anni ’80, dichiarò in un’intervista televisiva di voler dare delle picconate al sistema politico, che a breve sarebbe stato coinvolto nei torbidi scandali di tangentopoli. Ma la fermezza, a volte anche controversa, fu senz’altro uno dei tratti peculiari della sua carriera politica, fin dai tempi delle rivolte studentesche del ’77, che spense, da ministro dell’interno con l’utilizzo delle forze dell’ordine – di cui fu un grande innovatore, creando i corpi speciali dei NOCS e del GIS – continuando per tangentopoli e sul caso Moro. Tuttavia quando Moro venne ucciso, Cossiga si pentì della linea dura e si dimise dal suo incarico. Uomo con tante luci, ma anche tante ombre, controverso come solo i grandi personaggi della politica riescono ad essere, non fuggì mai dai processi, e ogniqualvolta ci fosse una qualche responsabilità da prendersi, non si nascose mai. Titolare di due governi, ministro e sottosegretario, la sua figura, insieme a quella del compagno-rivale Giulio Andreotti, corre parallela alla storia della nostra nazione dal dopoguerra ad oggi, sopravvivendo al crollo della prima repubblica. Pur avendo contribuito molto alle fondamenta culturali del centrodestra italiano, nutrì una spiccata simpatia per il suo predecessore al Quirinale Sandro Pertini e per Massimo D’Alema, ed era lontano parente del rivale Enrico Berlinguer. Alla sfaldatura della DC e alla caduta del primo governo Prodi, il suo contributo alla creazione del governo D’Alema fu fondamentale. Curioso ricordare che, ironizzando sulla leggenda del cannibalismo comunista, regalò al novello presidente del consiglio un bambino di zucchero. Una mente fina, la sua, fatta di precoci successi scolastici – maturità a 16 anni e laurea già a 19 – e di quelle battute lapidarie e sagaci tipiche dei membri della Democrazia Cristiana. Questa precocità dovrebbe spronare i giovani che fanno politica a impegnarsi, dal momento che fu il più giovane sottosegretario, ministro, presidente del Senato e della Repubblica della storia. Un personaggio che verrà ricordato a lungo nella storia della politica italiana ed europea, Errori riconosciuti, altri no, l’amarezza e la sofferenza che solo la politica possono portare, ma anche tanto orgoglio, tanto talento e tanto lavoro duro, e soprattutto, tante picconate. Questo era Francesco Cossiga. Della sua figura si discuta pure, ma non oggi. Oggi se ne va un pezzo della nostra Repubblica.